12/12/2020
Brescia
La malattia ipertensiva rappresenta in Italia il più rilevante fattore di rischio per infarto miocardico e/o cerebrale (prime due cause di morte nella nostra penisola), scompenso cardiaco, insufficienza renale cronica e/o fibrillazione atriale. Più del 30% della popolazione italiana adulta è affetta da ipertensione arteriosa, con percentuali ampiamente superiori nelle fasce più avanzate di età e quasi il 10% tra bambini ed adolescenti che risultano già ipertesi. Sebbene nella maggior parte dei casi l’ipertensione arteriosa risulti controllata dalla terapia, circa il 35% degli italiani ipertesi presenta – malgrado la terapia – valori pressori superiori a 140/90 mmHg. Almeno il 30% degli italiani, inoltre, sono ipertesi, ma ignorano del tutto di esserlo.
Come indicato dai dati OSMED, infine, la aderenza e persistenza in terapia antiipertensiva rappresentano un problema nel problema: di 100 compresse di farmaco antiipertensivo, con ampie differenze tra classe e classe di farmaci e farmaci in combinazione fissa oppure estemporanea, i pazienti italiani ne assumono mediamente 60- 70. Quanto sopra esposto, ovviamente, ha importanti ripercussioni sull’incidenza di malattia ipertensiva – vale a dire sulla trasformazione dell’ipertensione Arteriosa in malattia vera e propria – e sulla spesa sanitaria. Per questo è fondamentale imparare a conoscere non solo come si misura la pressione arteriosa, si stadia il rischio cardiovascolare e si disegna la migliore strategia terapeutica, bensì – anzi soprattutto – come si valuta il danno d’organo e si interviene per impedirne la progressione. E’ il danno d’organo, infatti, che determina la riduzione di qualità e quantità di vita del nel paziente iperteso e/o con rischio cardiovascolare di una sia pur minima entità. È il danno d’organo, pertanto, che dobbiamo imparare a valutare, prevenire e curare.
Il progetto si pone gli obiettivi di: