La Cardiologia Preventiva e Riabilitativa

Cosa succede dopo un infarto? Il ruolo della Cardiologia Riabilitativa

Quando si parla di malattie cardiovascolari, le prime immagini che vengono in mente sono quelle dell’emergenza, ambulanze, pronto soccorso, terapie intensive cardiologiche. Si tratta di patologie spesso tempo-dipendenti, in cui la rapidità dell’intervento al manifestarsi acuto della malattia è di fondamentale importanza per l’efficacia della cura.
Ma come tutte le patologie, anche quelle cardiovascolari hanno un decorso, un prima e un dopo a cui siamo meno abituati a pensare e che invece hanno una grande rilevanza per la salute del paziente e per l’organizzazione delle cure del servizio sanitario nazionale.

Ogni anno in Italia circa 100mila pazienti superano un infarto miocardico, 87.000 subiscono un intervento di angioplastica coronarica e 29mila l’impianto di un bypass cardiaco. A questi si aggiungono i Grandi Anziani, sempre più numerosi per il progressivo invecchiamento della popolazione, spesso affetti da scompenso cardiaco acuto o cronico. Si tratta di pazienti che possono trarre enorme beneficio dalla Cardiologia Riabilitativa, approccio che nel nostro Paese non è ancora capillarmente diffuso, ma che ha vissuto un importante sviluppo negli ultimi 20 anni e che con la necessità di progressiva integrazione ospedale territorio prevista dal Pnrr potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella Sanità di domani.

Si tratta di una branca della cardiologia che si occupa della cura del paziente dopo un evento cardiovascolare acuto oppure di pazienti cronici affetti soprattutto da da coronaropatia e scompenso cardiaco, con tutto il carico di disabilità che tali condizioni comportano. La sua finalità è – in aggiunta alla prosecuzione della gestione specialistica per una migliore stabilizzazione clinica e la riduzione del rischio di nuovi eventi – il recupero funzionale della persona attraverso un idoneo percorso fisioterapico, nutrizionale, psicologico e di promozione del corretto stile di vita, studiato ad hoc per ogni singolo paziente in base alle sue personali necessità. La riabilitazione si svolge in reparti ospedalieri o in regime ambulatoriale, comunque sempre sotto la supervisione di uno staff multidisciplinare coordinato da un cardiologo e che include l’infermiere, il fisioterapista, il dietista e lo psicologo.

Marco Ambrosetti è cardiologo, direttore dell’Unità operativa Complessa di Riabilitazione Cardiologica dell’ASST di Crema, presidente della società scientifica ITACARE-P (Italian Alliance for Cardiovascular Rehabilitation and Prevention), professore di Fisiologia dell’esercizio nel corso di laurea di Fisioterapia di Humanitas University e coordinatore delle Linee Guida della European Association of Preventive Cardiology per le attività di prevenzione e riabilitazione cardiovascolare.

Come si accede alla riabilitazione cardiologica?

I pazienti ci vengono più spesso riferiti dagli stessi reparti ospedalieri per acuti, principalmente cardiologie, cardiochirurgie e medicine interne”  risponde Marco Ambrosetti. “È buona prassi che il trasferimento avvenga direttamente dal reparto, senza dimettere prima il paziente al proprio domicilio, per ridurre i tempi di presa in carico e non ritardare lavvio del programma riabilitativo.  Questo è un momento delicato che richiede uninformazione completa da parte del medico sul perché il paziente non torna a casa e unaltrettanto forte motivazione da parte del paziente stesso. Spesso, ad esempio dopo un intervento di angioplastica, si ritiene erroneamente che ‘il più è passato’ e che non serva fare altro; al contrario, proprio dopo aver risolto unocclusione coronarica e messo il cosiddetto ‘palloncino’ (come viene spesso familiarmente chiamato lo stent), è necessario impostare al massimo livello una terapia farmacologica di prevenzione e uno stile di vita favorevole, smettendo di fumare, normalizzando i valori di pressione arteriosa e di colesterolo, calando di peso se necessario e facendo attività fisica. Questo è importante soprattutto nel primo anno dopo un infarto del miocardio, una vera e propria fase vulnerabile dove può essere più alto il rischio di ulteriori eventi coronarici e riospedalizzazioni.

È un servizio garantito per tutti?

La riabilitazione cardiologica, per i suoi importanti benefici sulla stabilizzazione clinica, sulla capacità di tollerare sforzi fisici, sul livello di indipendenza e capacità lavorativa e sulla qualità di vita globale dovrebbe essere proposta a tutti i pazienti cardiopatici. Dal momento che i numeri nella popolazione sono veramente elevati è necessario fare delle scelte e dare priorità a coloro che presentano un maggiore rischio cardiovascolare o una maggiore disabilità indotta dalla cardiopatia di base. Per allargare il più possibile la platea di pazienti coinvolti, anche sul territorio, le reti integrate di cura, con il ruolo attivo dei medici ospedalieri e dei medici di medicina generale, rappresentano un valido aiuto.

In cosa consiste concretamente l’approccio della Cardiologia Riabilitativa?

Ovviamente la durata dei due percorsi, ospedaliero o ambulatoriale, è diversa: in linea di massima un ricovero può durare dalle due alle tre settimane, mentre i trattamenti riabilitativi ambulatoriali si possono protrarre per più settimane sulla base dei bisogni del paziente. È fondamentale la collaborazione con i diversi specialisti, a partire da pneumologi e neurologi, per le problematiche di competenza e quindi la creazione di un team multidisciplinare. Durante il ricovero o il percorso ambulatoriale il cardiologo oltre a esercitare la consueta attività specialistica, prescrive e gestisce un programma di esercizio fisico personalizzato, segue gli aspetti nutrizionali e psicologici del percorso e cura una fondamentale attività di educazione sanitaria a 360°, rivolta non solo al paziente ma anche al caregiver, ovvero il familiare o la persona di riferimento per il paziente.

La Cardiologia Preventiva e Riabilitativa

da | Nov 15, 2022 | Educazione Continua in Medicina, News Sanità | 0 commenti